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Gocce di Natura: Denominazioni di Origine e Vignaioli fuori dal coro
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Gocce di Natura: Denominazioni di Origine e Vignaioli fuori dal coro

Spesso vi capita di chiedervi perché un vino, seppur fatto in una determinata zona, non riporti il nome della stessa zona in etichetta o perché alcuni vini abbiano la denominazione di origine controllata, la famosa fascetta, e altri no. Spesso vi imbattete in bottiglie di vino in cui compare la semplice dicitura “vino bianco” o “vino rosso” laddove prima c’era una denominazione di origine e non capite bene il perché. Proviamo a spiegarvelo noi visto che nel nostro shop troverete diversi vini che riportano in etichetta la semplice dicitura vino da tavola ovvero vini “declassati”, a volte volontariamente e a volte no. 

Prima di tutto bisogna dire che esiste una classificazione di qualità che parte dalle DOGC (denominazione di origine controllata e garantita) passando alle DOC (denominazione di Origine controllata) e IGT (indicazioni di origine tipica) fino ad arrivare ai vini da Tavola generici. Tutte nascono con l’obiettivo di tutelare la tipicità dei prodotti in termini di provenienza delle materie prime, luogo e metodologia di produzione che rispettino determinati disciplinari con l’intento di garantire una qualità minima standard al consumatore che acquista il vino. Il problema nasce proprio qui in quanto la richiesta della creazione delle denominazioni è possibile solo se si organizza un gruppo di produttori che rappresenti la maggioranza della produzione della denominazione e che ovviamente non possono fare altro che definire, (e quindi vincolare l’adeguatezza di un vino a rientrare nelle denominazioni) a dei parametri “medi” e sempre riproducibili e che non permettono minimamente di rappresentare tutte le possibili sfaccettature dei diversi terroir e diverse annate.

Per ottenere la certificazione di origine per i loro vini i produttori devono inviare i campioni a degli enti di controllo gestiti dalle Camere di Commercio di zona. Questi campioni vengono analizzati dal punto di vista chimico-fisico per verificare innanzitutto che siano corrispondenti a quanto stabilito nei disciplinari di produzione, poi vengono sottoposti ad assaggi da parte di una commissione di enologi e degustatori esperti nel settore. A seconda dei risultati i vini vengono definiti idonei, non idonei o rivedibili nel qual caso è permesso ripresentare i campioni dopo eventuali (e tutt’altro che naturali) interventi di “aggiustamento” del vino. Se non idoneo, o al secondo riesame il vino si ritiene ancora non idoneo, il vino viene “declassato”.

Chiacchierando con i nostri vignaioli, spesso ci è capitato di parlare di questo tema perché sempre più produttori hanno deciso di “declassarsi” non portando neanche più il vino in commissione. Le riflessioni più frequenti rispetto al perché di questa scelta sono legate al modo di intendere il lavoro del vignaiolo. Per loro, lavorare la terra e produrre vino significa accompagnare la vigna del loro specifico terroir nel processo di evoluzione e crescita che ogni anno cambia, a seconda dell’andamento delle stagioni, delle piogge, delle temperature e delle vendemmie. Il vino che verrà prodotto conseguentemente sarà diverso ogni anno e non potrà rientrare sempre nei parametri fissati dalle commissioni di esame e neanche potrà essere “aggiustato” solo per rientrare in un disciplinare. Questo è il motivo per il quale noi apprezziamo i vignaioli che fanno queste scelte, spesso difficili perché è ovviamente più facile vendere un vino con una fascetta, e abbiamo in carta tantissimi loro vini che prima avevano la denominazione e ora non ce l’hanno più. A noi, di questi vignaioli fuori dal coro, piace il coraggio delle scelte legate a dei saldi principi di tutela del vitigno e di fedele rappresentazione del terroir.

Non siamo contrari ai disciplinari ma non capiamo il perché ci si debba legare a dei parametri spesso soggettivi o discutibili che un vino, specie se naturale, non potrà mai avere identici e ripetitivi tutti gli anni e proprio questo per noi è il bello del vino. Le denominazioni, nate in un periodo storico nel quale vi era sicuramente bisogno di definire dei parametri minimi di qualità e di garantire un legame con i territori, oltre che di proteggere i prodotti tipici da possibili concorrenze da parte di un mondo che si andava globalizzando, non possono e non devono assolutamente diventare un metodo che porta all’appiattimento verso il basso e verso la produzione industriale dei prodotti che invece vorrebbero tutelare pena la fuoriuscita dalle stesse di tutti i migliori attori dei vari territori che non possono accettare di non poter portare nelle loro bottiglie la fotografia non artefatta delle loro vigne, dei loro terreni e dei loro metodi di lavoro artigianali.

Quindi, quando vi trovate di fronte ad una bottiglia che vi sembra abbia un costo eccessivo pur avendo la semplice dicitura “vino bianco”, “vino rosso” o vino da tavola, chiedete al vostro oste di fiducia, ovvero a noi che saremo ben felici di spiegarvi le motivazioni che hanno portato quel vignaiolo a scegliere di etichettare il vino in quel modo, in quanto pur garantendo la qualità delle materie prime, luogo e metodologia di produzione ha preferito realizzare un vino che fosse l’espressione vera e fedele del terroir e di quell’annata, senza nessun ritocco.

Il nostro lavoro è scoprire e selezionare i produttori e i vini che mantengano queste promesse, fidatevi, stiamo lavorando per voi!!!

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